Associazione Smemoranda

Sulmona

a cura di M.D.
 


27 gennaio PDF Stampa E-mail
Smemoranda Sulmona

LETTO PER VOI- Da:  mida-inrete

 

È da poco passata la mezzanotte. Il giorno della Memoria è trascorso o forse è meglio dire è passato; tornerà tra un anno.

Ho seguìto documentari, trasmissioni televisive, celebrazioni ufficiali e film sull’olocausto; tutti hanno sottolineato l’importanza di “non dimenticare” e soprattutto ammonivano: “perché questo non si ripeta”.           

Questo monito è drammaticamente preoccupante: svela la colpevole inconsapevolezza da parte di autorità, giornalisti, preti, intellettuali che tutto questo si sta già ripetendo.

A poche centinaia di chilometri da noi, in Siria, in Libia, in Iraq le truppe dell’ISIS ripetono il sacrificio dell’umana pietà immolata sull’altare della supremazia; non importa se razziale, religiosa, economica. La supremazia dell’uno sugli altri è la linfa del nazismo.

Ho visto “The Eichmann show” che si chiude con una frase di questo tenore: nel momento in cui un uomo ritiene di essere una creatura superiore alle altre o che vede la diversità come superiorità, c’è il germe dell’ideologia nazista.

 

Non riconoscerla solo perché non veste divise grigie è ottusità o malafede, non miopia.

“Io non credo ai mostri, però sono convinto che gli uomini siano responsabili di azioni mostruose”.

È la frase chiave del protagonista, del regista incaricato di filmare il processo ad Eichmann. Punta ossessivamente sui primi piani dell’imputato nella speranza di un suo cedimento emotivo: vorrebbe far capire a chi segue “lo show” che Eichmann non è un mostro ma uno come noi e quindi dimostrare che chiunque di noi è capace di mostruosità.

Eichmann alla fine, tradito non dall’emotività ma dalla sua convinta superiorità, ammette di avere “proposto” la deportazione di decine di migliaia di ebrei ungheresi e per questo viene condannato, ma mantiene caparbiamente l’immagine di sé come efficiente ed oscuro burocrate, “l'incarnazione dell'assoluta banalità del male” come disse di lui Hannah Arendt.

Ed è la banalità del male che oggi non ci fa riconoscere il perpetuarsi dell’olocausto sotto i nostri occhi. Le vittime non sono ebrei, ma di olocausto si tratta. E i carnefici non sono solo i neri turbanti dell’ISIS ma gli europei che chiudono le frontiere, che deportano i migranti, che li ammassano in campi di “accoglienza”, che arrivano a confiscare i loro beni.

Cos’altro ci vuole per riconoscere un nuovo olocausto?

E soprattutto un nuovo nazismo.

Ma l’occidente si concentra sugli accordi di Schengen e si produce in un acrobatico scaricabarile sulle responsabilità di ciascun Paese. Noi italiani, per riaffermare la nostra indiscussa superiorità nel “processo del lunedì”, ci accaloriamo sulle statue censurate,(*)lasciando in secondo piano, quasi un trafiletto, il rifiuto del parroco di Arnasco di benedire la salma di una marocchina.

È un gesto che rappresenta una bruciante sconfitta della Misericordia, invocata dal Papa nel proclamare il Giubileo e fa pendere la bilancia verso la visione di una guerra di religione che tutti si affannano a negare, non trovando però la forza di riconoscere che, come da sempre, si tratta di una guerra di supremazia ideologica ed economica e, come tale, ha in sé la linfa del nazismo.

 

 

 

(*) Comunque la censura delle statue è forse il segno inequivocabile di una sorta di propensione alla acquiescenza che ha radici vecchie. Mussolini nel 1938, per compiacere Hitler, introdusse nell’esercito il passo dell’oca ribattezzandolo con il nome di "passo romano". 

Ma il clamore è degno del “Bar dello sport” visto che l’anno scorso, in occasione della visita del Papa a Torino, furono censurati i poster di una mostra di Tamara De Lempicka che ritraevano scene di nudo e nessuno se ne accorse.

 
La lotta alla criminalità organizzata, nuovo fronte della Resistenza

È con grande rammarico che ci vediamo costretti a intervenire, per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica stordita e assoggettata dall'agenda dei mass media, sulle recenti minacce a don Luigi Ciotti prete coraggioso ed esempio per noi tutti e in particolare per gli aderenti (non è esagerato definirli eroi !) all’associazione Libera”; in particolare quelli che vivono sulla linea del fronte, nei territori ben descritti da Saviano, territori di guerra li ha chiamati recentemente, territori dove, loro, giovani e meno giovani neo resistenti armati solo della propria generosità, del proprio coraggio, e di quel prezioso, quanto dimenticato, ottimismo della volontà, interpretano al meglio i valori della Resistenza mediante la loro azione, paziente, costante, pacifica e tenace. Si potrebbe paragonarlo a un upgrade: della resistenza e in perfetta pertinenza con la RESILIENZA.

Dunque siamo a dichiarare la nostra ammirazione, solidarietà e vicinanza a Don Luigi Ciotti e a tutti gli attivisti di Libera, eroi misconosciuti, cui dichiariamo il nostro affetto fraterno e la nostra disponibilità a intraprendere azioni coordinate perché la vicenda di don Ciotti ci porge l’opportunità per avviare una seria riflessione su quanto ci sta accadendo anchesotto casa nostrasenza che ce ne avvediamo.

 

Per l'ANPI, il neo tesserato, F. Mastrogiuseppe.

Sulmona, 03 IX 2014




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