Brigata Maiella logo

Nel 69° anniversario del bombardamento a Sulmona PDF Stampa E-mail

Riceviamo e pubblichiamo

 

“Hanne zappate la stazione”

Sulmona 27 Agosto 1943

Bombardamento aereo Anglo-americano  (1)

di Carmine Angelone

 

A seguito della caduta del regime di Mussolini, il meridione divenne teatro di guerra perché nel frattempo le truppe alleate anglo-americane dopo essere sbarcate in Sicilia, cominciarono a risalire la penisola inserendo l’Italia in un quadro strategico che prevedeva  l’accerchiamento dell’esercito tedesco in Europa anche da sud.

 

Sulmona era un punto fondamentale del sistema ferroviario italiano come crocevia delle tratte Roma-Sulmona-Pescara, Sulmona - Napoli, Sulmona - Terni.

La Città, come molte nel meridione, Ortona, Montecassino, si trovava a ridosso del fronte, era soggetta a continue incursioni aeree per la presenza di truppe tedesche e pertanto era importante disarticolare il crocevia ferroviario e neutralizzare la mobilità delle forze italo - tedesche.

Lo scalo ferroviario di Sulmona dava lavoro a circa 800 ferrovieri.

E’ doveroso ricordare che a poca distanza da Sulmona c’era lo stabilimento industriale della Società Dinamite Nobel di Pratola Peligna, ubicato presso il Monte San Cosimo,  con oltre 3.000 lavoratori che producevano polveri e materiali esplosivi da mandare agli stabilimenti di Orbetello per il caricamento delle munizioni.

Sulmona era anche sede di un Campo di Concentramento per l’internamento di prigionieri dell’esercito alleato, nella misura di circa 3.000 soldati internati nelCamp 78” in località Fonte D’Amore, alle falde del Monte Morrone.

Uomini, donne, vecchi e bambini dettero il loro contributo di sangue per la  libertà e la democrazia futura. Quel giorno i bombardamenti alla stazione e sulla città causarono più di 100 morti.

La popolazione civile di Sulmona era stremata per i tanti figli morti per la Patria sui fronti di Russia, Albania, Grecia, Africa del Nord e Africa orientale.

Il comando alleato, come abbiamo detto, ritenuto che  lo scalo ferroviario di Sulmona fosse un obbiettivo di primaria importanza per il rifornimento delle truppe tedesche, decisero che era arrivato il momento di distruggere questo punto strategico e un attacco avrebbe indebolito le forze dell’Asse e contribuito all’avanzata degli alleati.

Il primo attacco aereo, con 69 bombardieri B17, le cosiddette fortezze volanti, e da70 Liberator, portato avanti daglianglo-americani,il27 Agosto 1943, causò morte e distruzione nella città.

Quella  mattina  erano appena giunti alla stazione più treni da e per le varie destinazioni per cui erano presenti circa 1.000 viaggiatori, quando all’improvviso dal Monte Morrone arrivò una squadriglia di aerei che colse di sorpresa quella povera gente che stava scendendo dai convogli. Furono sganciate molte bombe, fu distrutto un convoglio in sosta che trasportava cloro, il fumo che ne fuoriuscì rese irrespirabile la zona e contribuì a creare ulteriore panico negli astanti. Molti, come primo istinto, pensarono di rifugiarsi nei sottopassaggi ma ben presto sentendosi in trappola, cercarono di fuggire dalla stazione per cercare scampo nelle campagne circostanti.

vicino c’era un luogo detto Lu Uschitte, il boschetto, perché pieno di pioppi; ma la sorte non fu benigna con quella povera gente, ci fu una strage di oltre 100 morti.

Oggi su quel luogo sorge una chiesa a ricordo di quei tristi eventi: la chiesa della Madonna Pellegrina.

Le bombe caddero anche in piena città causando morte e distruzione, alcune bombe caddero anche in contrada Zappannotte, un luogo vicino alla stazione, causando la morte di 7 persone.

Quel giorno gli aerei scaricarono su Sulmona 153 tonnellate di bombe da 500 libbre ciascuna ed altre 51 tonnellate sullo stabilimento di Pratola Peligna.

Gli aerei tornarono a bombardare il 19/01/1944, 03/02/1944, 04/05/1944, ed il 30/05/1944 causando ancora morte e distruzione per altre 176 persone.

Quei giorni tristi, nonostante le avversità e la disperazione e la fame determinarono in alcuni strati della popolazione sulmonese la forza morale per combattere contro la dominazione fascista e l’occupazione nazista tanto da indurre giovani coraggiosi a lottare per la liberazione della patria ed aiutare i soldati inglesi fuggiti dal campo di prigionia a nascondersi.

Come non ricordare: Angelo e Michele Balassone, Claudio Di Girolamo, Roberto Cicerone, Torinto Sciuba, Mario Scocco, Rocco Santacroce, Giuseppe Bolino e Concezio Angelone chefurono rinchiusi nel carcere di Regina Coeli a Roma condannati a morte e poi commutata, Vincenzo Pistilli, Carlo Autiero, Alberto Pietrorazio, Domenico Silvestri, Amedeo Liberatore, Iride Imperoli-Colaprete, Gregorio Ventresca, Mario Di Cesare, Rinaldo Giampietro, Ugo De Grandis, Vincenzo Del Signore, Gino Ranalli, Lorenzo Ramunno, Emanuele e Mario Madrigale, Alfredo Guadagnoli, Ercole Pizzoferrato e la presenza eccezionale di un personaggio comeCarlo Azeglio Ciampi futuroPresidente della Repubblica Italiana.

 

“Via Zappannotte”

Bombardamento aereo Anglo-americano (2)

di Carmine Angelone

 

Mia madre negli ultimi mesi della sua esistenza era diventa molto loquace e tendeva a raccontare gli episodi più eclatanti della sua vita mille volte, quello che è rimasto impresso nella mia mente è certamente il bombardamento della stazione di Sulmona del 27 agosto 1943.

Alcune bombe, per effetto dell’attrito, caddero in luoghi non voluti come ad esempio le case di Via Zappannotte. La mia famiglia, composta dai coniugi Panfilo Angelone ed Ada Marinucci, abitava proprio a lu tratture. Mio padre in servizio militare a Guidonia di Tivoli, era tornato da poco dal fronte russo. Mia Madre Ada accudiva ai tre figli e lavorava la campagna, con nonno Gaetano, per poterli sfamare. Quel mattino si era recata a portar da mangiare al nonno che stava intendo alla campagna, circa 5 opere di terra, vicino alla stazione, sulla strada che porta alla frazione di Campo di Fano.

Faticavame cummà le biestie” racconta oggi la mamma “avame fatià nu femmene, le nore, perché i nuostre marite se truvivene a la uerre”.

Quel giorno era già suonato l’allarme aereo, verso le dieci del mattino “ma ngià’avame fatte case, perché le serene sunivene ogne tante e quinde ne javame date pise”.

Verso le 10,30 l’allarme suonò di nuovo.

Oddie, ha sunate n’autre vote, Tatà, vulesse rejè alla case”. Mio nonno rispose: “ scine, va a vede cummà stanne i fijje te”.

Prese “la coscine” la mise sulla testa e si incamminò verso casa, lungo la strada sentì un grande frastuono, si voltò a guardare verso il cielo e vide che esso era pieno di centinaia di aerei che a prima vista sembravano uccelli.

Erano le 11,15 e in pochi attimi quegli aeroplani furono su di loro, ci fu il finimondo, le bombe cadevano da tutte le parti. Dalla stazione si elevava un fumo acre e nero. Ci fu un fuggi fuggi, la disperazione si impadronì di quella povera gente che stava scendendo dal treno ma una seconda ondata fece una grande strage, circa 100 morti.

Mia madre buttò via  la coscina  e si mise a correre, vide un povero contadino che era a cavalcioni su un somaro, rimanere ucciso.

Si buttò a terra, perché mio padre gli aveva raccomandato di proteggersi buttandosi a terra come un pesce e stare ferma. Alcune persone imitarono la sua posizione ma strillavano e invocavano la Madonna muovendosi, furono feriti, voleva aiutarli ma uno di loro gli disse pensare a se stessa.

Si rialzò e di corsa, attraverso le campagne, arrivò alla casa della famiglia D’Alessandro dove decise  di rifugiarsi in una stalla per un attimo.

Il cuore batteva a mille, il desiderio di tornare presto a casa era forte.

Poter stare vicino ai figli e proteggerli.

Decise quindi di guadagnare la via di casa passando vicino alla galleria ferroviaria.

Nei pressi c’era un ponte che cavalcava la ferrovia Sulmona - Roma, colpito in pieno era crollato.

Guardò verso casa che era a poca distanza, notò che era stata distrutta.

Immaginò cose terribili, corse come il vento, ma si trovò davanti 7 morti e 7 feriti, tutti fatti a pezzi e irriconoscibili. Di quei momenti mia madre non ricorda più niente ma la disperazione fu tanta. Strillava, strillava “Povere fijje me, povere cugnate me, povere nepute me”. Un pianto amaro che è durato per tutta la sua esistenza: sette morti e sette feriti.

Erano morti i miei fratellini: Giovanni e Alberto di 4 e 1 anno. Mia madre li riconobbe dal colore dei calzini, due bei figli, quanto erano belli. Con loro erano morte le sue cognate Assunta Tirabassi e Angelina Spinosa e i loro rispettivi figli Luciano e Luigino Angelone, di 3 e 1 anno, il settimo  morto era Berardino Spinosa, un bambino figlio di vicini di casa di 11 anni.

Mio Fratello Carlo, il più grande, si era salvato miracolosamente insieme ai cuginetti Maria, Gennaro e Gaetano.

Zio Giuseppe Antonio Angelone marito di Angelina, era come inebetito dal dolore, non riusciva a proferire parola di fronte a tanto orrore.

Quando Carlo vide sua madre si mise a gridare: “portami da nonna Carmela”, la nonna materna, che abitava in una zona limitrofa ma più lontana dalla stazione, la contrada dell’Arabona,vi si recarono.

A zio Antonio Marinucci, fratello di mia madre, fu dato l’ingrato compito di raccogliere i miseri resti dei morti, li avvolse con delle lenzuola come un sudario, li mise su un carretto e li portò prima all’ospedale dell’Annunziata e successivamente al cimitero.

Alle 12,15 la formazione aerea alleata si allontanò da Sulmona oltre il monte Morrone.

Intanto mio padre aveva saputo dal giornale radio la notizia del bombardamento su Sulmona, espresse il desiderio di tornare a casa, ma il capitano gli negò il permesso, l’apprensione per la sorte della propria famiglia lo resero determinato e risoluto a tornare a Sulmona.

Tornò che era notte fonda, aprì il portone, non c’era la luce, accese un fiammifero e vide mio nonno Gaetano seduto per le scale che diceva: “a ecche so muort tutte quante” e aggiunse va alla case de socete ce rimaste mojete Aducce e fijete Carlucce”. Andò a casa della suocera e nel vedere la moglie ed il figlio fu colto da un irrefrenabile pianto di disperazione per le gravi perdite e di sollievo per aver ritrovato la moglie e il figlio. Da allora volle rimanere a casa e non  andare più alla guerra.

Per lui la guerra era finita, ma intanto l’Italia era preda di  duri combattimenti tra l’esercito alleato e tedeschi invasori, gli aerei tornavano a bombardare la città, altri morti altri feriti, la gente appena avvistava un aereo fuggiva, si viveva con la paura, il terrore…

Per almeno un anno ancora la città subì duri bombardamenti, complessivamente ci furono 276 morti nel periodo 1943/1945.

 

 


Powered by Joomla!.