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LIONEL WIGRAM, UNA SEPOLTURA ANOMALA PDF Stampa E-mail

Perché le spoglie mortali del Maggiore Lionel Wigram, morto a Pizzoferrato (in provincia di Chieti) il 3 febbraio 1944, sono custodite nel Cimitero Canadese del Moro River anziché nel Cimitero Inglese del Sangro dove la maggior parte dei militari inglesi, morti durante la battaglia del Sangro e nei periodi successivi in cui la guerra è ristagnata nella provincia di Chieti, sono seppelliti? Eppure il Maggiore Wigram era un noto ufficiale dell’esercito britannico, assegnato alla 6a compagnia del Royal West Kent Regiment della 78 a Divisione di Fanteria Inglese, il cui riconoscimento è legato essenzialmente alla sua capacità di essere riuscito, dopo le dure critiche alla tattica e dottrina militare inglese da parte del Generale Alexander, subito dopo la batosta di Dunkirk, a sviluppare un metodo d’insegnamento delle tattiche di impiego delle unità minori di fanteria che porteranno alla istituzione della Scuola di Guerra a Barnard Castle, dove verranno formati la maggior parte degli ufficiali delle unità minori che combatteranno per le truppe britanniche ed alleate nei diversi teatri di guerra.
Le poche immagini in uniformi che noi conosciamo del maggiore Wigram ci consegnano un militare intelligente, pensoso con un sorriso appena abbozzato dietro le lenti tonde cerchiate che esaltano lo sguardo attento, che prima della guerra aveva ottenuto un notevole successo come avvocato a Londra, grande dirigente di aziende e proprietario terriero il cui nome era stato più volte riportato nelle cronache giornalistiche per i suoi brillanti risultati professionali, e quindi un appetibile candidato conservatore.

 


Eppure dopo aver aderito con entusiasmo, come altri contemporanei, alla scelta del servizio militare, nel 1941 come ufficiale della 47a Divisione Territoriale istituisce la prima scuola di combattimento nella quale si sostituiscono i vecchi ed obsoleti metodi di addestramento della fanteria, con l’uso di munizioni vere e di altri realistici mezzi in maniera tale da preparare il soldato alle effettive condizioni di combattimento. La sua esperienza lo porta a diventare istruttore della Scuola di Guerra di Barnard Castle ed ad essere l’autore del regolamento delle esercitazioni militari che diventerà il manuale ufficiale della scuola; quando il comandante in capo delle Forze Nazionali, Gen. Paget, decise che ogni divisione doveva avere la sua scuola di combattimento, lo nominò tenente colonnello e con tale grado diventa comandante della scuola del Quartier Generale per l’addestramento degli istruttori.
Dopo aver rifiutato le offerte di prestare analogo servizio da parte dell’esercito canadese ed indiano, Wigram sceglie di venire in Italia ed in occasione dei combattimenti in Sicilia era possibile vederlo mentre armato di una sola macchina fotografica segue da vicino le evoluzioni e le tecniche di impiego dei reparti, quale modo migliore per poter verificare sul campo la bontà degli insegnamenti nelle scuole di combattimento.
Ed è proprio in seguito alla redazione di un rapporto, nell’agosto 1943, nel quale si analizzano le conseguenze della battaglia di Sicilia, le modalità d’impiego delle unità a qualsiasi livello e le esperienze di quegli ufficiali che erano stati studenti al Barnand Castle, Wigram conduce una dura critica sull’impiego delle truppe in quel tipo di territorio, riconoscendo il vero successo conseguito dai tedeschi di essere riusciti a ritirarsi senza subire gravi perdite rispetto a quelle particolarmente pesanti subite dagli alleati. Il contenuto della relazione irrita in qualche modo le alte sfere militari che non erano in piena sintonia con le metodologie pedagogiche sviluppate e propugnate da un militare non di carriera che presumeva di dare lezioni a grandi strateghi ed ufficiali con rispettabili curricula militari. Convocato direttamente da Montgomery come conseguenza diretta subisce un degradamento a maggiore ed un ridimensionamento nei ruoli.
Questa vicenda segnerà e provocherà una grossa amarezza nella grande considerazione che Wigram aveva della bontà del lavoro effettuato ma non per questo riuscì a fiaccare lo spirito e a dargli motivo di continuare a credere sulle sue metodologie di impiego delle unità in combattimento: l’occasione gli venne offerta agli inizi e durante la battaglia del Sangro allorquando prende corpo la sua intuizione di un impiego congiunto tra truppe regolari e civili in armi. Durante il periodo della permanenza in Italia aveva perfezionato l’uso linguistico, la capacità di relazionarsi con le popolazioni dei luoghi per il suo modo di essere persona schietta, semplice e nel contempo eccezionale per quel senso di umanità che lo contraddistingueva.
Egli ha un senso di apertura verso gli altri che gli fa superare le barriere linguistiche e culturali e le forti diffidenze nei confronti degli italiani passati attraverso il velleitarismo guerresco fascista, il limbo badogliano, la fuga del re, il crollo delle istituzioni e la spaccatura del paese.
Lui va controcorrente, si fida degli italiani. Si fida di quei contadini, di quei pastori, di quegli studenti che odiano la guerra, che vogliono vivere in pace, che si ribellano alle vessazioni, alle razzie del bestiame, agli eccidi dei tedeschi.
Ciò contrastava con l’atteggiamento generale delle massime autorità militari dell’VIII Armata di ritrosia verso un impiego operativo degli italiani, sia come formazioni combattenti, sia come reparti partigiani operanti dietro il fronte. Si dovrà attendere le disposizioni del 9 dicembre 1943 del Comando Supremo delle Forze Alleate per dire che le forze italiane possono dare un contributo per la “massima assistenza delle forze alleate”.
Da quel momento la WigForce, ossia quell’unità mista di truppe regolari inglesi ed i volontari abruzzesi voluta da Wigram, viene impiegata in ambito locale per mere operazioni tattiche al solo fine di agevolare il graduale smantellamento della difesa tedesca che utilizza ogni colle ogni anfratto, superando quell’ iniziale utilizzo dei reparti partigiani dietro il fronte per le operazioni di sabotaggio delle linee di comunicazione stradali e telefoniche delle truppe germaniche, le informazioni ai referenti alleati sulla dislocazione ed il movimento delle truppe germaniche.
Egli agevola la collocazione istituzionale dei volontari della Maiella attraverso il passaggio graduale dalla preconcetta contrarietà e diffidenza dei vincitori a valutazioni più favorevoli nei confronti dei reparti italiani, sino al riconoscimento della loro condizione di combattenti a tutti gli effetti: esalta il coraggio di quei partigiani che avevano combattuto al suo fianco, mettendo a repentaglio anche il proprio onore e la reputazione per richiedere per quelle truppe combattenti partigiane le dotazioni d’arma e le uniformi necessarie per affrontare i combattimenti e le difficoltà climatiche.

Il maggiore Wigram, come scrive lo storico Marco Patricelli nella sua storia della Brigata Maiella, era riuscito a fare qualcosa che andava oltre il rapporto gerarchico; aveva instaurato un rapporto umano.
Ed è forse per tutto questo che non c’è stato alcun riconoscimento al sacrificio del maggiore Wigram per lo scontro di Pizzoferrato in cui rimane ucciso: l’azione pianificata non era ufficiale, c’era stata improvvisazione, erano state sottovalutate le forze nemiche, non si erano attesi i rinforzi previsti e vi era stato un inutile sacrificio di vite.

 
I detrattori di Wigram si erano presi la rivincita, ma non erano riusciti a scalfire il profondo senso di vuoto che la perdita aveva comportato nei confronti di quegli amici, combattenti e sostenitori delle sue teorie.
Sono invece riusciti a fare in modo che le sue spoglie, una volta recuperate dal primo tumulo in Pizzoferrato, non venissero conservate unitamente a quelle di quei militari ed ufficiali che lui aveva formati e che avevano dato la vita durante il prosieguo dei combattimenti nella nostra provincia, ma nessuno degli amici commilitoni e dei primi componenti del Corpo Volontari della Maiella avevano potuto impedirlo perché gli eventi successivi porteranno gli uni (tra i quali il Colonnello Denis Forman) a subire una grave ferita durante i combattimenti a Cassino e gli altri (i volontari) a prodigarsi per la liberazione del territorio abruzzese, le Marche, l’Emilia Romagna ed il Veneto dall’invasore tedesco.


Avv. Andrea Di Marco

(Componente del Consiglio d’Amministrazione Fondazione Brigata Maiella)

 


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