Nel 150° dell’Unità d’Italia, nel ricordare il valore del Risorgimento, non possiamo non tornare con la memoria alla lotta di Liberazione che idealmente richiama lo stesso spirito di sacrificio e il valore che unisce coloro che si batterono per la difesa dell’integrità del nostro Paese.
Su quelle esperienze si sono fissati come nelle tavole sacre i valori e l’identità di popolo, di appartenenza di lingua e di cultura. Per questa ragione, su questi valori fondanti occorre conoscere la nostra storia. È la storia di uomini e donne che hanno posto, anche con il sacrificio della loro vita, le premesse per consegnare a noi un’Italia libera e democratica. Per questa ragione abbiamo il dovere morale di difenderne l’integrità e l’unità. Da alcuni anni come pensionati dello Spi della zona Navigli proviamo a ripercorrere quei luoghi, per certi versi a molti sconosciuti, dove si sono consumati eccidi anche verso la popolazione inerme e che noi abbiamo il dovere di non dimenticare perché, è a loro che dobbiamo riconoscenza se oggi viviamo in un paese libero e democratico.
Il timore che la nostra storia venga rimossa da un revisionismo di maniera è grande. Provate a chiedere cosa rappresentano per il nostro Paese località come Sant’Anna di Stazzema, Civitella val di Chiana, la certosa di Farneta, oppure la miniera di Niccioleta. Quanta difficoltà a rispondere. Sono luoghi dove con il martirio, persone inermi hanno pagato con la vita la crudeltà della guerra e delle rappresaglie nazi-fasciste.
Quest’anno a fine maggio, nel dare continuità al sentimento del ricordo, siamo andati a Pietransieri. Dalla linea Gotica alla linea Gustav, un filo per unire idealmente nel dolore e nel dramma il nord e il sud dell’Italia, unita da uno stesso sentimento: non dimenticare.
Pietransieri si trova su uno dei capisaldi dove vi era la linea Gustav su cui le forze tedesche si erano assestate dopo lo sbarco degli alleati a Salerno. Nel tentativo di fare terra bruciata attorno alle formazioni partigiane lì operanti, il maresciallo Albert Kesselring scatenò una rappresaglia contro la popolazione inerme con rastrellamenti nel novembre del 1943. Le vittime furono 128: tra esse 60 donne e 34 bambini al di sotto dei 10 anni e un bimbo di un mese.
I cadaveri rimasero a lungo abbandonati nella boscaglia, nelle radure, fra le rovine dei casali sepolti dalla neve fino all’estate del 1944. A Roccaraso in provincia dell’Aquila sotto il gruppo della Maiella, dove il borgo di Pietransieri è collocato, accompagnati da Loretta del Papa, segretaria dello Spi dell’Aquila, e dal compagno Carlo Cocco siamo stati ricevuti dal Sindaco di Roccaraso.
La cordialità e i sentimenti espressi ci hanno commosso, cosi come sentire i racconti di chi la Resistenza la fece: gli ultimi testimoni della “Brigata Maiella”. Successivamente ci siamo recati presso il Sacrario dove sono immortalati i nomi di tutte le vittime dell’eccidio alle quali, nel rivolgere un pensiero, abbiamo deposto una corona di fiori.
Nel silenzio di quegli attimi di raccoglimento abbiamo udito nel vento che soffiava un grido di dolore:
non dimenticate e fate che
non accada mai più.
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